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LA CONGREGAZIONE DELLE “SUORE DI GESU’ CROCIFISSO” Ricordi di ex alunni.... VECCHI AMICI E LE VECCHIE MAESTRE Alla Scuola Materna “Santa Cecilia” ero amico di tutti i bambini miei coetanei ma andavo molto d’accordo solo con Miguel, Michelino,Luciana e Michele. Con loro trascorrevo le ore del giorno giocando e lavorando come volevano le suore e le maestre. Con gli amici della Scuola Elementare parlo di più e gioco ogni giorno con le figurine. Diversi sono i loro e i miei comportamenti, perché siamo più liberi.Anche le mie nuove maestre sono molto diverse. Sinceramente, sono più cattive perché ci danno i compiti, ci fanno scrivere e verbalizzare e non ci consentono di giocare a Scuola. Un mondo diverso ed una vita più dura. Mi mancano molto le maestre della Scuola Materna e specialmente la superiora.Vorrei proprio ritornare indietro! Non è proprio possibile! Conserverò il bel ricordo e dovrò amare di più le mie nuove maestre. Francesco CANCELLARA – II Elementare DALLA SCUOLA MATERNA ALLA ELEMENTARE Ho frequentato la Scuola Materna “Santa Cecilia” per due anni. Il secondo è stato molto bello perché ho imparato molto e sono stata protagonista nella recita della festa dell’addio. A dire il vero mi dispiacque un po’ lasciare tutto ciò che mi aveva fatto felice in quella Scuola, ma pensando che dopo le vacanze sarei andata alla Scuola Elementare, mi rendeva curiosa e meno nostalgica. Finalmente arrivò il 21 settembre e il primo giorno di Scuola Elementare. Quando conobbi la nuova maestra e i nuovi compagni fui presa da una grande emozione e da una grande delusione perché trovai un ambiente completamente diverso da quello della Scuola “Santa Cecilia”. Speravo di trovare i giochi, le suore, il grande giardino. Subito capii che quel bel “mondo dei bimbi” sarebbe stato un felice ricordo. Dopo le consuete presentazioni feci amicizia con i nuovi compagni, tra cui c’era un’amica della Scuola Materna, che rese più facile l’adattamento. Durante i primi giorni di Scuola non notai molta differenza circa lo studio, perché tutte le cose che la nuova maestra mi spiegava, le avevo già apprese dalle semplici spiegazioni della superiora. Solo verso la fine del primo anno e durante tutti gli altri capii che tutto cambiava con la mia crescita. I miei due anni di Scuola Materna possono paragonarsi al primo della Scuola elementare e sono stati il punto di partenza per tutte le mie future conoscenze ed esperienze. Le suore, le prime maestre e la superiora mi avviarono ai primi studi, mentre le nuove maestre mi stanno preparando ai futuri impegni scolastici. Domenica GRANIERI – V Elementare RICORDI, GIOCHI, EDUCAZIONE 1981-1992 date lontane cronologicamente ma molto vicine ai miei ricordi. Oggi, sono una ragazzina di 14 anni, ma allora, nel lontano 1981, ero una bambina che si apprestava a varcare per la prima volta, le soglie di un luogo che l’avrebbe accolta per inserirla in gruppo di coetanei, ed aprirla a nuove esperienze extrafamiliari. Trascorrevo le mie giornate in casa con la mamma e i miei balocchi, attendendo il ritorno del mio fratellino dalla Scuola Materna Santa Cecilia. Questa, posso dire, la frequentavo già con fantasia, perché mio fratello Pietro mi presentava quel luogo come il posto dei giochi e del più grande divertimento. Per questo lo invidiavo e speravo che anche per me, giungesse presto quel lontano giorno che mi avrebbe permesso l’accesso nel “paradiso terrestre dei bimbi”. Posto fantastico dove i bimbi crescono ed imparano col gioco, coi canti, con il divertimento. Oggi il ricordo di quei pochi anni è ancora vivo nei miei pensieri. Cominciai a frequentare la Scuola “Santa Cecilia” a tre anni e vi rimasi fino al sesto. I primi giorni, nonostante il desiderio di frequentare e la presenza del fratellino, non riuscii ad inserirmi subito nel gruppo, perché all’improvviso mi trovai fra tanti bimbi sconosciuti. Bastò poco per farmi sentire in una nuova e piacevole famiglia dalla quale stentavo quotidianamente a staccarmi. Dopo il primo mese di Scuola odiavo la domenica che non mi consentiva di stare con i miei amici e con le amichette, con cui avevo familiarizzato. A casa mi annoiavo maledettamente. Pensavo che l’egoismo dei miei genitori mi tenesse lontana dalla mia adorata Scuola. Ci volle un bel po’ di tempo perché suor Pierina e suor Maristella mi facessero capire che la domenica era giorno di riposo e che bisognava stare a casa. Mi convinsero di più quando dissero che in quel giorno si facevano le pulizie negli ambienti, che noi sporcavamo, e che arrivavano i nuovi giocattoli. Ogni mattina trascorrevo con i miei amici qualche ora nel grande salone tappezzato di moquette sulla quale ci sedevamo per giocare e chiacchierare, oppure potevamo liberamente trattenerci nell’angolo di disegno. Qui, dopo aver indossato un camice, realizzavamo le nostre opere d’arte. Dal salone passavamo nelle aule, site al primo piano, accompagnate dalle maestre Filomena e Nennella, o dalle suore Pierina, Maristella, Rita, Elisabetta. Nelle classi chiuse ci istruivano mediante giochi educativi (disegni, costruzioni, alfabetizzazione con animazione di giocattoli e racconti). Suor Elisabetta, madre superiora e direttrice della Scuola, sembrava la più severa ed intransigente. Lei prendeva in cura i bambini delle terze classi, cioè i prescolari. Qualche volta, le nostre interessantissime e piacevoli lezioni venivano interrotte dall’arrivo del pediatra, dottor Pietro Fusilli, che ci controllava periodicamente per verificare lo stato di salute e lo sviluppo. Quando facevamo i bravi, si andava nella palestra coperta, tanto ambita da noi bimbi, perché trovavamo attrezzi sportivi e giochi idonei per gli esercizi ginnici. Spesso allietavano le nostre ore scolastiche bei filmini dove i protagonisti erano animali o bambini di storie a lieto fine con grandi messaggi culturali e morali. Quando si approssimavano le feste (Natale, Pasqua, la festa del papà e della mamma) venivamo impegnati a realizzare “lavoretti ricordo” e con la memorizzazione di poesie, gloria e vanto dei genitori, che ci facevano esibire dinanzi a parenti e amici. Tra i tanti insegnamenti non mancava quello della lingua inglese. Infatti, ogni settimana un docente ci insegnava la pronunzia dei molteplici colori dei nostri maglioncini e camicette. Il professore di musica, Pappalardi, era l’atro protagonista preferito da noi bambini, perché la sua presenza con la chitarra ci coinvolgeva con canti e musiche, quasi sempre oggetto di esibizione singola e collettiva. In primavera si andava nel grande giardino della Scuola, in cui c’era un angolo dove imparavamo a fare i piccoli giardinieri e agronomi. Verso la fine dell’anno si organizzava un mercatino dove si barattavano giocattoli ed oggetti che ogni bambino si portava da casa. Questi, poi, diventavano ricordi non solo degli amici ma anche di quei momenti felici. Alcuni di quegli oggetti, scambiati, li conservo gelosamente perché fanno parte della mia infanzia meravigliosa trascorsa nella Scuola “Santa Cecilia”. Per la fine dell’anno scolastico si organizzavano delle recite a cui tutti partecipavano da piccoli e grandi protagonisti. Si curava attentamente la scenografia, le parti, i cori, i canti, i balli, i costumi. Tutto doveva essere armonicamente sincronizzato e piacevole alla vista e all’udito. In questa impresa facevano la parte determinate una maestra di danza ed il professore di musica. La superiora assumeva l’onere della preparazione degli attori principali ed era sua premura assisterli anche durante le esibizioni, con suggerimenti. Si chiudeva l’anno con una grande manifestazione teatrale dove non mancavano tutti i genitori e le emittenti televisive, che mandavano in onda il nostro spettacolo, apprezzato ed elogiato. Non dimenticherò la mia esibizione da protagonista, l’ultimo anno si Scuola Materna, quando divenni fata e regina in un paese incantato. Vissi attimi di gioia tra tutti i miei coetanei che mi ammiravano e mi sostenevano. Ricordo con maggiori particolari la Vendemmia ed il Carnevale. Per la Vendemmia, portavamo a Scuola grappoli d’uva che si ponevano in un grande tino. La signorina Filomena, a piedi nudi, pigiava i grappoli e il mosto che si ricavava veniva assaggiato da tutti. A Carnevale noi bambini andavamo in “stratosfera”, perché le mascherate erano continue e si concludevano con quella finale, dove tutti sfoggiavano il più bello ed originale vestito. Era una gran festa per i piccoli, un supplizio per le maestre che dovevano sorvegliarci mentre giocavamo. Mi torna sempre in mente il gioco magico della signorina Filomena che ingoiava un cece e ne rimetteva fuori tanti, facendoli, poi, scomparire completamente nel nulla. Sono tanti i ricordi ma ciò che mi accompagnerà per tutta la vita sono le esperienze e l’educazione che mi hanno fatta ragazza semplice, altruista e capace di affrontare ogni problema con disinvoltura, così come avveniva sotto la guida di suor Elisabetta. Viva la Scuola Materna “Santa Cecilia”! Nessuno, come me, potrà scordarti!Sei entrata nel sangue e nella mente con tanti dati, da cui scaturiscono i pilastri della mia personalità. Silvia RAGUSO – III Media DA CASA RAGUSO ALLA SCUOLA MATERNA “SANTA CECILIA” 1979-1982 Correva l’anno della mia infanzia felice, 1979, quando la navicella terrestre di mio padre Opel Kadett mi sbarcò dinanzi al grande ingresso della Scuola Materna “Santa Cecilia”. Non ci fu nessun problema quando fui lasciato tra l’abbraccio affettuoso di suor Maristella, che mi parve una vecchia conoscenza, anzi una zia simpatica come quelle di tutti i bambini. Quel giorno, forse, l’avevo desiderato inconsciamente perché a casa soffrivo la nostalgia della nonna scomparsa e mi annoiavo perché mia madre si dedicava alla sorellina Silvia. La Scuola Materna fu per me la seconda casafamiglia, dove le suore sostituirono adeguatamente la mia nonna e mi fecero ritrovare gli “angoli” quotidiani di gioco e autosoddisfazioni. Le mie giornate di Scuola erano più lunghe di tutte quelle degli altri amici, perché il mio caro papà, indaffarato per gli altri, arrivava sempre tardi. Restavo a far compagnia ora a suor Pierina, ora a suor Maristella, qualche volta alla superiora. Con loro mi sentivo protetto, sicuro e gioivo nel vederle impegnate a pulire, riordinare, riallestire gli “angoli” della grande sala. Quello che rifaceva più contento era il periodico rinnovamento dei giochi e del materiale didattico. Avevo l’onere e l’onore di tirar fuori dagli imballi tutto il nuovissimo materiale didattico-ludico, che collaudavo e, qualche volta, mettevo fuori uso prima che gli altri amici lo vedessero. Mi sentivo privilegiato e facevo sempre il gran maestro del gruppo, quando veniva portato fra i nuovi giochi. Tutto questo mi consentiva di giustificare il papà ritardatario e mi faceva felice. Non poche volte, durante le ore di studio pomeridiano il mio pensiero corre alla Scuola Materna “Santa Cecilia”, dove vorrei rifugiarmi per sfuggire ai tanti problemi e difficoltà della vita contemporanea. Quel luogo e le sue operatrici mi strapparono dal nido familiare e mi aiutarono a fare i primi passi decisivi in una società così difficile e complicata come la nostra. I dolci ricordi delle ore passate in allegria e spensieratezza in quegli ambienti accoglienti mi riempirono di gioia e serenità. Quando varcavo la soglia di quel posto tutto ciò che era all’esterno spariva, la vita diventava tutta felicità e allegria. I problemi esterni, anche se futili per un bambino, non trovavano posto dove insicurezze, ansie, paure venivano placate e cancellate dall’opera di suor Pierina e suor Elisabetta. Quando suor Maristella mi abbracciava e mi guardava negli occhi, smettevo di piangere e le sorridevo, contento di quell’abbraccio. I giochi, per quanto semplici, erano divertentissimi e tutto il materiale didattico era vario e valido. Molto del mio tempo lo trascorrevo giocando con le costruzioni e il das. Adoravo le canzoncine ed ero il più bravo a cantare in occasione di festività. D’obbligo era costruire oggetti con le nostri mani sotto la guida delle maestre. Erano i famosi “lavoretti” da regalare a mamma o papà i giorni della loro festa. Spesso richiedevano molte ore di lavoro, ma vedere i genitori felici e ricevere i complimenti era gratificante. L’affetto che mi legava alla maestra era intenso, soffrii quando dovetti lasciarla e ancor oggi associo la sua immagine a quel periodo felice della mia vita. Non posso dimenticare i sani principi che le suore mi trasmisero. Era un continuo progredire spirituale e morale, sotto l’esperto sguardo di esse e delle maestre, sempre attente a correggere ed eliminare ogni imperfezione, ogni sbavatura, ogni aspetto negativo. La scelta dei miei genitori fu oculata, per assicurarmi un luogo dove prioritario doveva essere l’insegnamento dei veri valori della vita e dove ricevere le vere basi conoscitive per il futuro. Quei pochi giorni di Scuola Materna, costituiscono, senza dubbio, pagine belle della storia della mia vita. Li serberò sempre nel cuore, come ho conservato i volti delle suore, delle maestre, dei miei compagni. Nella Scuola “Santa Cecilia” ho imparato a scrivere, a leggere, a recitare, a disegnare, a formulare i primi pensieri critici, a rispettare, ad amare, a non odiare, ad essere quello che oggi sono. Pietro RAGUSO – II liceale RICORDI LONTANI Certo, è molto strano pensare di dover tornare indietro con i ricordi agli anni della Scuola Materna. Essi furono i più belli e spensierati.Ricordo con molta evidenza e tenerezza l’affetto ricevuto dalle suore. Per loro è sempre stato compito essenziale dover ricreare a Scuola il calore della famiglia con canti e giochi.I valori pedagogici inculcati dalla Scuola Materna “Santa Cecilia” sono: la famiglia, l’amore e l’educazione. Proprio qui ho imparato a scrivere, disegnare, recitare, cantare. Il ricordo più bello, sembrerà strano, è legato al giorno che mangiai per la prima volta “pasta con i piselli”. Questo piatto non era mai stato di mio gradimento e quando mi fu presentato cercai di rifiutarlo. La superiora, con molta dolcezza e diplomazia riuscì a farmi mangiare ciò che mia madre non era mai riuscita. Infatti, suor Elisabetta disse che ogni cibo ci viene dato dal Dio e non era giusto offenderlo. Molti bambini, affamati, Lo avrebbero ringraziato di cuore, mentre io lo rifiutavo senza motivo. Furono parole toccanti ed incisive tanto da farmi cambiare idea: mangiai ed apprezzai la bontà di quella pasta con i piselli. Da quel giorno quella minestra è diventata la più gustata, perché mi riporta agli anni d’infanzia e mi rievoca le parole della brava superiora. È uno dei tanti ricordi che mi inducono a rivolgere il più grande grazie ed augurio di vita e prosperità alla Scuola e alle sue vere protagoniste. Antonietta TEOFILO - Laureanda IMMAGINI, SENSAZIONI, RICORDI Qualche volta accade che la mente sia invasa da immagini e sensazioni che ricordano un remoto o recente passato. Tra questi ricordi, particolari sono quelli che riguardano l’infanzia. Riusciamo, a tratti a rievocare fotogrammi di quella vita completamente spensierata.Ho ancora vivi in mente i ricordi dei primi anni di scuola materna, che mi aiutarono nell’impatto con un mondo diverso da quello ristretto della famiglia. Il primo passo fu superare il terrore che suscitava in me, prima di allora, l’abito monacale. Superata questa difficoltà, fu come ritrovarmi in una seconda famiglia a tal punto che il mio carattere estroverso iniziò subito a manifestarsi, creando qualche problema. Rimarrà memorabile la “mania” di dover tirare e disfare le trecce dei capelli, così pazientemente acconciate dalle mamme delle mie coetanee. Ancora un dolore, ricordo il ruvido muro di color giallo, che la mie fronte dovette “assaggiare”, grazie ad una improvvisa spinta che mi diedero dal trespolo di uno scivolo. A questi ricordi, vanno aggiunte le proverbiali tirate d’orecchie della superiora, che vedeva in me un esponente di spicco tra coloro che si battevano ogni giorno per trascorrere meno tempo nelle noiose aule e più nel verde giardino. Uno dei momenti esaltanti, erano le feste di Carnevale o la rituale preparazione dei “lavoretti” per la festa del papà. Sicuramente non piacevoli erano i giorni che precedevano le festività più importanti, passati ad imparare le sempre più lunghe poesie. Questi miei ricordi testimoniano ancora oggi l’importanza di quella esperienza e di coloro che svolgevano e svolgono un’opera formativa, spesso sottovalutata e poco apprezzata. Mimmo LIANTONIO – Laureando |